1-­WIRE DS18B20 used with RS232 to TTL multiform MiniMax interface (application note 01)

1-­WIRE DS18B20 used with RS232 to TTL multiform MiniMax interface (application note 01)

In this article we show how to connect 1-­WIRE DS18B20 temperature sensor to our MiniMax  RS232 interface. Below a list of the necessary materials:

1) Minimax interface

2) A RS232 cable for PC port (USB or serial standard)

3) DS18B20 1­wire temperature sensor (1 or more)

4) A piece of software to read the sensors: LOGTEMP or other similar programs

5) A piece of software to set RS232 “DTR” and “RTS” signals at high level

6) Terminal block, wires and some connectors socket

On to MiniMax RS232 interface set the jumpers: JP1 = ON; JP2 = OFF. Connect the DS18B20 sensor to the side B of the interface with wires, sockets and terminal block as we see in the images below.

DS18B20 connection to RS232 minimax interface

DS18B20 connection to RS232 minimax interface

1-WIRE DS18B20 wiring

1-WIRE DS18B20 wiring

We can use more then one DS18B20, we have not tested how many the normal RS232 ports can sustain. If the DS18B20 power supply is external and not the RS232 port, the number of devices connected can be many more.

Connect the minimax interface to the PC serial port. Start the “LOGTEMP” software and set the following parameters:

1) “SHOW”→ “SETUP”→”GENERAL”:

set adapter as DS9097E, set interval at 15 seconds, set port COM at the one we have connected MiniMax RS232 interface (example COM port 2). Confirm and return to main menu.

2) “SHOW”→ “SETUP”→”SENSORS”:

set DS18B20. Confirm and return to main menu’.

3) Click “GO” and the program starts to scan for the DS18B20 sensors

Good luck!

Note: tested with FTDI usb to serial RS232 interface.

Here’s the link  to “LOGTEMP” software: http://www.mrsoft.fi/ohj01en.htm

LOGTEMP data recording

LOGTEMP data recording

LOGTEMP data recording

LOGTEMP data recording

MiniMax RS232 TTL Multiform Interface – Pictures gallery

MiniMax RS232 TTL Multiform Interface – Pictures gallery

A picture is worth a thousand words, they say. So, two pictures are worth two thousand words, and three pic… oh, wait, I just heard my own conscience screaming “Hey, weirdo, what the heck are you trying to do?”.

In these pictures I show the last home baked PCB. It’s the MiniMax RS232 TTL Multiform Interface board. The pictures were taken to explain how to fit correctly the pin #7 from DB9 connector to the PCB with a single pin of a strip line 90 degrees connector. I hope no other words are necessary to explain what you can see clearly in the pictures. But, if you need any other explanations, please leave a comment below.

Il carico elettronico, o dummy load – parte #1

Il carico elettronico, o dummy load – parte #1

Quando ci troviamo per le mani un alimentatore, se siamo animati dallo spirito della ricerca e della curiosità è normale che ci poniamo delle domande: è davvero in grado di erogare la potenza dichiarata sulla targhetta? La tensione nominale sarà uguale a quella effettiva? La corrente continua sarà davvero “continua” oppure ci sarà un residuo di alternata? E quanto sarà “grande” questo residuo in alternata, o ripple? Un alimentatore con cosa va misurato? Posso farlo da me o devo comprare strumenti costosi? Sarebbe utile un carico elettronico?

Costo stimato: circa 25 €

Difficoltà: principiante

Per avere queste risposte basta relativamente poco, dove il “poco” dipende da quale scala di valori vogliamo ottenere. Se il nostro obiettivo è capire se c’è un residuo di alternata in un alimentatore ci basta un multimetro da 40 euro, se invece vogliamo distinguere il ripple dal rumore (noise) in maniera precisa dobbiamo salire di prezzo fino a poter disporre di oscilloscopi, carichi elettronici e delicatissime sonde differenziali che costano più della somma degli strumenti in grado di leggerle.

Uno strumento indispensabile per qualsiasi test di base su un alimentatore è il carico elettronico, o dummy load. Si tratta di un “simulatore di resistenza” che, applicato all’uscita dell’alimentatore sotto test, permette di applicare appunto una resistenza di carico e far erogare all’alimentatore la corrente desiderata. Uhm, scritto così potrebbe sembrare un po’ complicato (o stupido, dipende da come lo si guarda). Diciamo che è una vera e propria resistenza (ho usato il termine “simulatore” perché la maggior parte dei carichi elettronici usa le proprietà dei mosfet di potenza per simulare appunto una resistenza variabile, ma di questo parleremo altrove) che viene messa fra il polo positivo e quello negativo di un alimentatore, facendo sì che scorra una determinata corrente attraverso essa. È come se mettessimo una lampada, o un motore, ovvero un cosiddetto carico.

Facciamo due calcoli

Veniamo alle cifre. Avete presente la legge di Ohm? Bene. In base ad essa, se voglio far erogare 1 Ampere ad un alimentatore da 5 Volt, devo applicare una resistenza da 5 Ohm (R = V/I ovvero 5 V / 1 A = 5 ohm). Facile, no? Certo, ma oltre al valore in Ohm non dimentichiamo un altro parametro fondamentale: la potenza, o capacità di dissipazione, espressa in Watt. I Watt nella corrente continua sono il risultato di Volt x Ampere, quindi nel nostro esempio avremo 5 Volt x 1 Ampere = 5 Watt. Pertanto ecco che abbiamo costruito il nostro primo carico elettronico: una resistenza da 5 Ohm e 5 Watt posta fra polo positivo e polo negativo dell’alimentatore. Ma è davvero così facile? In teoria sì, in pratica dobbia prestare attenzione ad alcuni altri aspetti.

Se applico alla lettera l’esempio precedente, la mia resistenza arriverà a una temperatura prossima agli 80/90°C in pochi secondi. Se fate come facevo io da ragazzo per capire se una resistenza scaldava (il metodo “proviamo a toccarla col dito indice”), a quelle temperature è quasi garantita la scottatura, quindi prestate parecchia attenzione. Questo accade perché la potenza nominale della nostra resistenza è al suo limite massimo. Se vogliamo dimensionare adeguatamente il nostro primo carico fittizio, dobbiamo scegliere una resistenza da 10 Watt: scalderà di meno e durerà più a lungo. Come per tutti i componenti, anche per le resistenze di potenza (così si chiamano in autodidattese le resistenze con valori superiori a 2 Watt) è opportuno stare larghi coi valori di dissipazione massima e corrente massima. Se sono previsti 5 Watt di potenza dissipata, mettete la resistenza da 10 Watt. Se ne sono previsti 50, mettete quella da 100. Non lesinate su queste cose, ne trarrete solo vantaggi.

Complicazioni

Cosa succede però quando il mio alimentatore non è a 5 Volt come nell’esempio? Prendiamo un alimentatore che eroghi 12 V a 10 A massimi. Per fargli tirar fuori la massima potenza dobbiamo applicare una resistenza pari a 12 V / 10 A = 1,2 Ohm con una capacità di dissipazione di almeno 120 W (12 V x 10 A). E qui comincia a farsi problematica: se una resistenza da 5 W la troviamo da qualsiasi rivenditore, quella da 120 W (minimo, ricordate) è più difficile da reperire. In questi casi ci si mette a fare i conti per tre motivi:

  • trovare il valore di resistenza adeguato
  • trovare la capacità di dissipazione adeguata
  • trovare il compromesso meno costoso, salvando il portafogli

Calcolatrice alla mano, vediamo come si può risolvere la questione: sapendo che con le resistenze poste in serie i valori in Ohm si sommano, e poste in parallelo si dividono secondo le note formule che trovate ovunque sul web, possiamo trovare un compromesso consistente in 4 resistenze da 4,8 Ohm / 50 W poste in parallelo. Il valore ottenuto sarà di 1,2 Ohm con una “portata” di 200 W massimi. Peccato che le resistenze da 4,8 Ohm non siano standard, dovremmo sceglierle da 4,7 Ohm, ottenendo un valore di 1,17 Ohm circa, che con la tolleranza media delle resistenze di potenza (5%) potrebbe diventare 1,22 ohm o 1,11 ohm. Per un test di massima possono andare bene, ma se vogliamo la precisione non è questa la strada giusta.

Non dimentichiamo poi che dissipare 120W non è un gioco. Le resistenze di potenza (quelle corazzate, soprattutto) sono in grado di sopportare tale potenza perché hanno il filamento annegato in una specie di cemento antifiamma. Se però non vogliamo trasformare il nostro dummy load in una stufetta, o fare gli aloni marroni sul nostro banco da lavoro, o peggio ancora fare i nostri polpastrelli al barbecue, è opportuno che fissiamo le nostre resistenze su un’aletta di raffreddamento di adeguate dimensioni. Insomma, la vita è difficile anche per un modesto hobbista!

Costruzione di un semplicissimo dummy load

Come fare, dunque? Ecco la mia soluzione “da battaglia”, un semplice carico resistivo costruito su un’aletta di raffreddamento recuperata dal rottamaio usando una manciata i resistenze che avevo nel cassetto. Non è variabile in modo continuo, come potrebbe essere un carico elettronico, ma permette con pochi passaggi di applicare una resistenza espressa in una scala di valori abbastanza standard per i test su piccoli alimentatori a tensione fissa. Per costruirlo dovete procurarvi il seguente materiale (i link sono suggerimenti basati sui miei gusti personali e sulla qualità del rivenditore citato, ognuno si senta libero di acquistare ciò che desidera e dove desidera farlo):

Il dimensionamento delle resistenze è persin esagerato, se vogliamo fare un appunto. In questa configurazione è in grado infatti di dissipare da un minimo di 50 W a un massimo di 210 W. Ma mi sono tenuto largo perché magari usandolo con tensioni maggiori, fino a 12 V con 12 A per esempio, potremmo arrivare anche a 144 Watt di potenza dissipata (che non è sopportabile dalla singola resistenza, vedere avvertenze e tabella di riferimento). Come vedrete dalla tabella sotto riportata (calcolata sulle tre tensioni di alimentazione più comuni: 12 Volt, 5 Volt, 3,3 Volt), a seconda di dove posizionerò le mie sonde sulle banane di uscita, otterrò un carico resistivo di valore diverso e compreso da 1 Ohm a 8,7 Ohm. Per ognuno dei valori avrò il corrispondente in Watt e Ampere. Per praticità, se vorrete potrete stampare questa tabella su carta adesiva e applicarla sul carico, così da aver sempre sotto mano il massimo raggiungibile senza pericolo di overheating (sovrariscaldamento).

Attenzione: nel caso vogliate costruire il carico esattamente come rappresentato in questo post, non applicate carichi superiori a 50W per ogni singola resistenza! Pericolo di sovratemperatura! Vedere tabella di riferimento.

 

Tabella calcolo per carico resistivo

Tabella calcolo per carico resistivo

Schema dummy load base

Schema dummy load base

 

Lo schema è semplice (vedere figura a lato): le resistenze sono collegate in serie e a ogni giunzione c’è una presa fatta col cavo da 2,5 mm² che porta alla rispettiva banana. Alle banane vanno collegati i classici cavi con spina “a listello” in grado di portare la corrente prevista. Non usate cavi di sezione troppo piccola perché, oltre ad applicare essi stessi una resistenza aggiuntiva, scalderanno e si fonderanno (e non è bello, fidatevi). Con un multimetro posizionato sulla massima misura di corrente (tipicamente 10 Ampere) collegato in serie sul polo positivo, potremo controllare il reale assorbimento di corrente: questo valore è indispensabile se il nostro alimentatore non ha un display o un indicatore a lancetta con la misura della corrente erogata.

Nella fotogallery potrete vedere varie fasi e configurazioni utili al vostro scopo. Le resistenze usate nel mio prototipo sono di potenza inferiore a quella descritta nel progetto, ma erano le sole a mia disposizione.

Nella prossima puntata

E se volessi mettere sotto carico un alimentatore a tensione variabile, ad esempio per coprire il range da 1,5 a 24 V, con una resistenza fissa come quella usata nel primo esempio? L’impresa è fattibile ma poco edificante: ammesso che il nostro alimentatore possa erogare così tanti Ampere, succederebbe che verrebbe applicato un carico di 1,5 V / 1,2 Ohm = 1,25 A sulla tensione minima, e 24 / 1,2 = 20 A alla tensione massima (con una dissipazione potenziale di 480 W)! Come direbbe il buon Dave Jones: “Hopeless!”. Senza speranza! Per poter risolvere il problema dobbiamo applicare una resistenza di carico che mantiene invariata la corrente al variare della tensione, pertanto bisogna per forza usare un dummy load a corrente costante. Di questo però parleremo la prossima volta.

Risorse

Un po’ di link utili per facilitare il calcolo delle resistenze in parallelo e in serie, con una fondamentale aggiunta: il calcolo esatto della dissipazione

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